Cenni storici

Esterno della chiesa

La prima pietra della Chiesa di S. Ignazio Martire all’Olivella fu posta il 7 novembre 1598, alla presenza del Principe di Castelvetrano Carlo d’Aragona, Grande Ammiraglio di Sicilia, sul luogo dove, secondo la tradizione, sorgeva il palazzo e la villa della nobile famiglia di Sinibaldi, da cui ebbe i natali S. Rosalia, Patrona di Palermo.

Da questo fatto si fa risalire il nome di “Olivella“, ossia da “olim villa”.

La Chiesa di cui fu architetto Antonio Muttone, misura 48 metri di lunghezza, 27 di larghezza e 21 di altezza.

È stata consacrata da Mons. Bartolomeo Castell, Vescovo di Mazzara, il 21 novembre 1711.

Fregio

La facciata fu elaborata lungo il corso dell’intero XVII secolo; essa si ispira nel plastico aggetto delle colonne del primo ordine, al primo barocco romano, ma i campanili e il fastigio sono di più libera articolazione e di più aperto senso pittorico.

È abbellita da quattro statue di stucco che raffigurano San Filippo Neri e Santa Rosalia, che vennero poste nel 1651, Sant’Ignazio martire e San Francesco di Sales, poste invece nel 1751.

I tre portali della fine del XVII secolo, hanno disegno di marcata vigoria espressiva e tre porte in legno di finissima decorazione: in essi è più volte ripetuta la raffigurazione del leone che rimanda al martirio del titolare della Chiesa.

L’interno è a forma di croce latina, a tre navate, di cui la centrale posa su dodici colonne di marmo bigio, formando dodici archi a ciascuno dei quali corrisponde, d’ambo i lati, una cappella.

Interno

Il transetto è sostenuto da quattro grandi pilastri, su cui si appoggiano altrettanti ampi archi.

Su questi si erge la cupola compiuta nel 1732.

I geometrici scomparti decorativi delle volte, d’ispirazione neoclassica, vi furono aggiunti nel 1772 da Venanzio Marvuglia e decorati d’affreschi nel 1790 da Antonio Manno.

La cupola, la parte sinistra del transetto e la sacrestia sono state distrutte da un bombardamento il 5 aprile 1943.

Tutto è stato ricostruito dopo la guerra, ma non tutto è stato restituito alla primitiva bellezza.

Cristo

Nel Presbiterio, l’altare maggiore in marmi policromi sormontato dalla preziosa tela raffigurante la SS. Trinità di Sebastiano Conca del secolo XVIII.

Le due statue di marmo figuranti i SS. Pietro e Paolo sono invece opera di Ignazio Marabitti e vennero realizzate nel 1788.

Le altre quattro statue di stucco raffigurano invece i quattro evangelisti: Matteo, Giovanni, Luca e Marco.

Al centro della luminosa gloria sull’alto dell’altare maggiore, in caratteri ebraici è impresso il nome di JAHVÈ.

Entrando in Chiesa, si possono ammirare, cominciando da sinistra, le ricche cappelle.

L’Arcangelo Gabriele di Pietro Novell, detto il Monrealese.

La fuga in Egitto, opera di Pietro Volpes (1873).

La Cappella del Crocifisso merita uno sguardo più attento.

Prezioso esempio d’arte secentesca in cui la profusione delle pietre rare e preziose ha lo scopo, in accordo con i canoni estetici del tempo,di indurre lo spettatore a stupefatta ammirazione.

Tra uno sterminato numero di reliquie sacre, ci sono ben 24 specie di pietre di Sicilia, oltre alle orientali e d’altri paesi, due colonne di diaspro massiccio fregiate di rame dorato e preziose pietre incastonate tra le reliquie, come cristalli finissimi, granatini orientali, topazi, ametiste, agate, elitropie, lapislazzuli e corniole.

Finissimo il paliotto in marmo con effetti architettonici e policromi.

Il crocifisso ligneo sull’altare e le statue marmoree della Vergine e di San Giovanni sono di buona fattura.

Segue la cappella del Beato Sebastiano Valfrè, filippino di Torino, la pala è di Salvatore Lo Forte.

La cappella di San Filippo Neri, realizzata nel 1622, è un altro esempio di esuberante decorazione secentesca con largo impiego di pietre rare e policrome. Sull’altare è un quadro di San Filippo Neri ai piedi della Vergine con il Bambino, opera di Sebastiano Conca (1740).

A sinistra San Gioacchino con La Vergine bambina, a destra San Giuseppe con il bambino Gesù, sono sculture di G.B. Ragusa (inizi XVIII).

Martirio di S. Ignazio, titolare della Chiesa, è opera di Filippo Paladini (1613).

Attraversato il transetto, oltre l’altare maggiore a destra, ecco l’altare della Vergine in Gloria tra i santi Francesco d’Assisi, Francesco di Paola, Caterina da Siena ed Elisabetta d’Ungheria, opera di Filippo Paladini (1605).

Continuando, ecco l’altare con l’immagine recentemente collocata della Divina Misericordia, ai lati i filippini
S. Luigi Scrosoppi e Beato Giovanni Giovenale Ancina.

Santa Rosalia, di Filippo Randazzo, detto il monocolo di Nicosia, risale al XVIII secolo.

L’altare dell’Immacolata Concezione, venne realizzato nel 1873 ed è opera dell’architetto Giuseppe Patricolo, con la statua della Madonna, scolpita in legno da Alessandro Bagnasco e rivestita in argento dall’orefice Gioacchino Marano.

Ai lati della cappella vi sono le statue in marmo del profeta Davide, dello scultore D’Amore, e del profeta Isaia, dello scultore De Lisi.

La cappella Zati, riporta oggi un dipinto di Santa Gemma Galgani, opera di Benedetto Zangare, che va a sostituire l’antico dipinto della Vergine con Bambino e San Giovanni Battista conservato presso la Galleria Regionale.

In alto la Madonna della Salute falsamente attribuita a Lorenzo di Credi.

La cappella è interamente realizzata con marmi mischi e risale al XVII secolo.

Infine ecco l’altare di S. Isidoro Agricola, santo che venne canonizzato assieme a S. Filippo Neri.

Nelle pagine successive sono disponibili ulteriori fotografie, corredate da una didascalia.