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Miscellanea storica – vol. 11

La serie di “miscellanea dell’Oratorio di Palermo” si arricchisce all’undicesimo numero di una notevole quantità di preziosi testi. Al reperimento delle antiche carte d’archivio, è seguito il certosino lavoro di trascrizione in videoscrittura, che le rende oggi leggibili a tutti. Mostriamo QUI solo un estratto dell’intero fascicolo di 126 pagine che, per gli interessati, sarà disponibile su richiesta.

Sentita riconoscenza va al curatore che ha voluto condividere con noi tutti il frutto del suo lavoro, svolto nella raccolta del materiale documentale per il proprio dottorato di ricerca. L’architetto Ciro D’Arpa si qualifica indubbiamente come uno dei principali autori di riferimento riguardo la storia dell’Oratorio di Palermo.

Miscellanea storica – vol. 9

Visitando le dodici cappelle della nostra chiesa se ne ammira una sola chiusa da cancellata, poiché contenente un vero e proprio tesoro, del quale i visitatori estranei restano per lo più ignari. È da sempre luogo di preghiera, suscitata dalla bellezza che riproduce l’immagine del Signore crocifisso, al momento del suo supremo atto di amore per l’umanità da lui stesso incarnata.

La seconda cappella completata nell’edificazione della chiesa, si deve al padre Giuseppe Gambacurta che spese la sua eredità di oltre quarantamila scudi per impreziosirla di una miriade di reliquie e pietre nobili. L’intarsio è frutto della composizione di 24 pietre semipreziose fra colonne in diaspro e tarsie in cristalli, granatini, topazi, ametiste, agate, eliotropie, lapislazzuli, corniole. La cancellata in ottone è progettata dall’architetto del regno Mariano Smiriglio. Il crocifisso ligneo, con fattezze attribuibili alla scuola palermitana di Fra Umile, è affiancato da due colonne di diaspro massiccio fregiate di rame dorato ed è posto su un reliquiario chiuso da vetrata a disegni geometrici. La volta è opera del Monrealese, Pietro Novelli. Sulle pareti laterali le nicchie con le statue dell’Addolorata e San Giovanni Evangelista scolpite a Genova, affreschi e stucchi sono di Vincenzo Riolo. L’altare della cappella venne consacrato dal card. Giannettino Doria, arcivescovo di Palermo nel periodo in cui sorsero le magnifiche chiese barocche della città.

Nel testamento di Gambacurta si legge la devozione con cui volle spendere le sue sostanze per la cappella. La figura del Cristo è adornata da una cornice tanto superba quanto la merita il redentore. Ammirare la cappella significa apprezzare l’aspetto artistico ed apprendere come e quando venne prodotta. Il padre che volle realizzare la cappella del SS. Crocifisso si annovera tra i più antichi benefattori della chiesa, entrato in Congregazione dopo i primi fondatori. Nella presente pagina web si pubblica il sottostante studio che raccoglie quante più informazioni sulle reliquie e il valore dell’insieme, secondo gli scritti dei padri Giovanni Marciano, Antonio Palomes, Antonio Pesce, il sacerdote cavalier Acquilante Rocchetta, la relazione secentesca di Giacinto Ciaccio e l’originale testamento manoscritto di Gambacurta. Lo stesso documento testimonia la beneficenza conseguita nel tempo dall’amministrazione dell’eredità, a favore di categorie diverse di indigenti.

 Rendiamo liberamente leggibile il fascicolo di Miscellanea storica dell’Oratorio di Palermo a cura di Ciro D’Arpa e Corrado Sedda. Leggere tante pagine può interessare gli storici dell’arte, ma indubbiamente sorprende pure chi frequentando la chiesa, passa abitualmente davanti alla cappella senza prestare sufficiente attenzione; noteremmo infatti di non renderci neppure conto della ricchezza racchiusa in una sola cappella, dalla quale nei secoli copiose si sono innalzate le preghiere al Signore posto in croce per noi.

Miscellanea storica – vol. 8

Del gran concetto, che la Città di Palermo formato de’ Padri dell’Oratorio serve per autentica irrefragabile la confidenza, che della loro integrità hanno havuto ne’ loro testamenti i Cittadini più riguardevoli per ricchezze, e per nobiltà, disponendo, che per le loro mani passassero somme considerabili da loro lasciate ò per sussidio di doti di donzelle povere, ò in elemosine, ò pure in altre opere pie.

(Giovanni Marciano, “Memorie historiche della Congregatione dell’Oratorio”, tomo II, Libro V, Capo XXIII, p. 401)

Quando si ritagliava il tempo tra le occupazioni quotidiane per dedicarsi alla stesura dello studio qui presentato, realizzato su carte rimaste chiuse da almeno un secolo e mezzo ad oggi, la coscienza si domandava a chi mai potesse interessare leggere il frutto di questo lavoro. Si tratta a tutti gli effetti di una ricerca storica realizzata di prima mano da Ciro D’Arpa, col commento aggiunto da Corrado Sedda nell’ottica oratoriana, approfondendo inoltre la figura di Camillo Pallavicino. La domanda rimarrà senza risposta finché non lo diranno i laici dell’Oratorio, gli studiosi, i confratelli, i palermitani, cittadini interessati alla storia, amici dei curatori. Ad ogni modo i redattori possono testimoniare che è stato davvero interessante studiare uno spaccato di storia oggi dimenticata. L’intelletto è pur dono dello Spirito Santo e riportare alla luce nel terzo millennio le informazioni registrate in documenti redatti quattro secoli fa, per noi desta stupore non inferiore a rinvenire un reperto sotterraneo. Se poi la storia descritta nelle carte giunge fino alla nostra epoca contemporanea, l’interesse che suscita non è più solo romanzesco. Crediamo infatti che la storia sia maestra per poter vivere il nostro presente, quando mette in luce il ruolo svolto dai padri filippini di Palermo, a beneficio della collettività nella quale si radicavano. Il volume 8° di Miscellanea storica dell’Oratorio di Palermo presenta concretamente l’elenco dei lasciti testamentari alla Congregazione, dall’inizio della sua storia (fine ‘500) sino all’anno 1795. Scopriamo così i benefattori della Congregazione, ovvero i fedeli defunti più vicini ai padri filippini, più i vivi beneficati dalla loro carità in pensioni, o doti per sposalizio e monacato, sussidi.

Il lavoro apostolico dei padri dell’Oratorio di Palermo, nell’arco vitale della Congregazione sino ad oggi, si è svolto in ambiti diversi. Anzitutto l’ufficiatura solenne della propria chiesa, la predicazione pubblica dei sermoni nell’oratorio grande, l’apostolato di formazione cristiana e assistenza spirituale dell’oratorio piccolo, le attività ludiche e di catechismo alla Villa filippina (sede di diversi movimenti), il lavoro (formazione spirituale) presso il seminario degli albanesi fondato da Giorgio Guzzetta, la confraternita del Signoruzzo, la biblioteca di casa aperta al pubblico. I padri svolgevano il proprio ministero celebrando nelle rettorie limitrofe, ad esempio San Matteo al Cassaro (detta “piccola Olivella” per la sua pianta), assumevano poi incarichi diversi a servizio di istituti religiosi femminili. L’Oratorio dei padri filippini era un punto di riferimento in città per la musica da camera e per quella sinfonica nella liturgia, testimoniata dal corposo “archivio musicale dell’Olivella”. Al lavoro apostolico si aggiungeva la gestione del patrimonio, entro il quale rientrano i legati testamentari oggetto del presente studio.

Nella presente pagina web vogliamo rendere gratuitamente fruibile il testo di questo studio, aggiungendo QUI l’elenco dei contenuti finora pubblicati.

Miscellanea storica – vol. 7

Il fascicolo di Miscellanea storica dell’Oratorio di Palermo presenta in realtà uno studio monografico. Pubblichiamo oggi un nuovo lavoro dell’architetto Ciro D’Arpa che, anni addietro, si era già occupato per motivi di studio della nostra chiesa di Sant’Ignazio M. all’Olivella. La lettura analitica dell’inventario in parte già pubblicato nel precedente numero 6 di questa Miscellanea, offre importanti informazioni ad oggi non del tutto notorie. Apprendiamo l’antico assetto dell’area presbiterale, la decorazione pittorica della volta precedente all’ammodernamento del Marvuglia, nonché la grande varietà dei quadri suddivisi tra chiesa e quadreria. La minuziosa descrizione svolta dal curatore approfondisce pure la provenienza degli oggetti e i soggetti produttori e offerenti.

L’inventario dei beni relativi alla chiesa (edificio di culto) in esame, è piuttosto antico, risalendo infatti all’anno del Signore 1688. Del complesso dei padri filippini come lo conosciamo noi oggi si aveva in buona parte la casa, ma non ancora l’oratorio adiacente la chiesa. La chiesa però era già inaugurata da 66 anni e quindi regolarmente ufficiata, poiché completa nella struttura di base, nonostante la fabbrica andata poi avanti inarrestabilmente. La liturgia, per la celebrazione feriale quanto per quella festiva e solenne, richiede un apparato “strumentale” di arredi, corredi e vasi sacri, oltre a paramenti e abiti liturgici. Riepilogare tutti gli elementi in specie, senza adeguata spiegazione, riduce il discorso in modo superficiale; la liturgia è una disciplina sacra che richiede preparazione prima di esplicarsi nell’atto pratico. Gli oggetti, indumenti, suppellettili, variano per materiale, colore liturgico, stile artistico, pregio del manufatto… La quantità di questi beni mobili, per la maggior parte “di valore”, dipende dalle dimensioni della chiesa ufficiata e dal numero di ministri sacri che vi celebrano. Nella seconda metà del secolo scorso lo Stato volle inventariare gli oggetti a suo tempo espropriati, per tutelare il valore materiale da cui deriva quello economico. Ai giorni nostri sono arrivati solo in minima parte oggetti “preziosi” in senso stretto, poiché i padri dell’Oratorio di Palermo non erano tanto inclini a tesaurizzare, quanto ad abbellire il tempio di Dio e investire in beni utili alla liturgia. I capolavori di arte tessile (“ternari”composti da pianete, dalmatiche, piviali) che oggi si ammirano esposti su manichini, sono ancora custoditi nei cassetti della sacrestia per l’uso cultuale occasionale. I reliquiari d’argento o ebano, i vasellami d’oro, i paliotti ricamati e perfino i dipinti, non sono sopramobili od orpelli per bellezza, perché svolgono una propria funzione nell’atto liturgico, a gloria di Dio e non per vanagloria degli uomini.

Scorrendo l’ammirevole elenco di manufatti sacri, un aspetto non secondario di cui tenere conto è dato dal fatto che nella Congregazione di Palermo, i padri erano tutti nobili. Sappiamo che i padri dell’Olivella favorirono la fondazione di altre case a Trapani, Castelvetrano, Sciacca, dove venivano accolti candidati anche non nobili. Nella casa panormita però si accoglievano solo rampolli di nobile famiglia, per almeno tre quarti di sangue. Nella società di allora la nobiltà che era un’articolazione dello Stato, deteneva prosperi patrimoni e facoltose finanze. Nella Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, per risoluta volontà del suo fondatore, i sodali non professano voti religiosi, per cui i padri filippini potevano continuare a possedere un proprio personale patrimonio, assai cospicuo nel caso di chi proveniva da ricche famiglie. Ogni padre aveva un proprio personale corredo per la celebrazione della Messa, sicché si può immaginare in sacrestia la quantità di calici e biancheria, oltre ai paramenti; invero nel XIX secolo il numero massimo di sodali che risiedevano all’Olivella si stima rasente il centinaio. Tuttavia pure i nobili all’Oratorio vivevano il consiglio evangelico della povertà, dal momento che devolvevano il rendimento delle proprietà alla Congregazione. Era consuetudine lasciare cospicue eredità alla Congregazione, ma pure amministrando personalmente il proprio patrimonio, i padri non trattenevano per sé rendite e proventi, versandoli invece alla Congregazione. Se la nobiltà mondana spendeva in genere le proprie sostanze per innalzare il tenore di vita, per appagare vezzi e capricci, nell’Oratorio ancor più che in altri ordini religiosi, i padri nobili vivevano inter pares tutti allo stesso livello e tendendo alla perfezione della vita religiosa. Nella ex-casa – oggi museo archeologico regionale – si trovano le stanze che furono camere da letto, con dimensioni tipo “cella”, indicative di una certa continenza ricercata volontariamente; questo aspetto concerne l’ottica spirituale dei religiosi, meno compresa dalla competenza dei tecnici. Un altro importante argomento – messo in luce l’anno scorso da un articolo del dott. A. V. Abbate – riguarda la gestione dei capitali in Monti di Pietà che i padri dell’Oratorio tenevano come fondi perduti in beneficienza. Tale questione però deve trattarsi a parte.

L’inventario che pubblichiamo trascritto da Ciro D’Arpa, datato al 1688, per la sua antichità ci fa presumere che nel corso del tempo successivo l’insieme dei beni sia andato sicuramente arricchendosi, raggiungendo uno stato maggiormente notevole. I paramenti arrivati a noi oggi e che ancora si custodiscono in sacrestia, sono segnati da un numero cucito nella fodera interna, il quale indica la quantità dei pezzi che supera parecchio il centinaio. Per comprendere la realtà dell’Oratorio di San Filippo Neri del tempo in cui è redatto l’inventario (XVII secolo), è preliminare mettere a fuoco il momento storico di non ritorno che dà inizio al nostro presente. Le Congregazioni dell’Oratorio tutt’oggi presenti in Italia sono in buona parte fondazioni storiche, cioè di antica data, reduci dell’epocale soppressione degli ordini e corporazioni religiose operate dai Savoia con la legge Rattazzi del 1866. Ricordiamo soltanto che lo Stato sabaudo dispose l’espulsione dei religiosi dalle proprie case o conventi, incamerando beni mobili e immobili nel Fondo per il culto. Fino a quel momento gli Oratori in Italia si contavano nell’ordine delle dozzine, in numero considerevole quanto imprecisato per via dell’assenza di organizzazione centralizzata. Il maggior numero di Congregazioni contava allora una quarantina di comunità in Sicilia (cattolicissimo Regno delle Due Sicilie) e altrettante nelle Marche (Stato pontificio). La riapertura della Congregazione di Palermo è stata già trattata in precedenza (Miscellanea voll. 3-4-5), per cui ora ci limitiamo a ricordare che fu favorita proprio perché “fondazione storica”. Durante il periodo di assenza dei padri dall’Oratorio (1916-1931), la mancata custodia dei propri beni portò inevitabilmente al depauperamento del patrimonio contenuto in chiesa; mentre si distingue il furto legalizzato operato con l’eversione negli ambienti della casa.

Tanto premesso rendiamo visibile QUI un estratto dell’originale inventario trascritto da Ciro D’Arpa, che lo descrive pure con una prefazione da lui stesso curata. La descrizione discorsiva degli oggetti elencati in inventario, ci fa immaginare realisticamente la loro collocazione nell’allestimento. La ricchezza di tanti apparati realizzava nell’insieme la sontuosità della casa del Signore all’Olivella. Fiori, luci, musica, paramenti, componevano armoniosamente lo sfarzo a gloria di Dio, mostrando quanto più bella sia la liturgia celeste. L’odierna comunità oratoriana che continua a custodire quanto rimane di quel glorioso passato, è riconoscente al curatore del lavoro che comunica a tutti la storia da cui discendiamo. Il curatore inoltre evidenzia il valore dell’arte in relazione al S.P.N. Filippo Neri, come veicolo di un messaggio che, in ogni tempo e ancora oggi, gli oratoriani continuano a proclamare. Gli oggetti di culto non hanno indicata una scadenza dopo la quale diventano pezzi da museo; il senso del sacro riconosce l’autentica finalità sacramentale delle cose di Dio, perché la sua grazia trascenda ancora il mondo per unirci a Lui. Il fascicolo cartaceo di 47 pagine sarà prossimamente disponibile a 10€

Audio “Consolare gli afflitti”

Pubblichiamo la registrazione audio del 4° incontro sul ciclo delle opere di misericordia spirituale, iniziato a gennaio e poi rimasto in sospeso a causa della pandemia. Giunti a metà del percorso, speriamo di concludere in un futuro non troppo lontano.

Speriamo altresì che i partecipi possano estendere l’invito ad altri interessati ad approfondire il discorso di fede in tale contesto riflessivo e distensivo a un tempo.