il primo Zati a Palermo

Mercanti e banchieri fiorentini a Palermo nel secolo XVII: il caso emblematico di Simone Zati

Ognuna delle cappelle nella nostra chiesa ha una sua specificità che la distingue, variando stile artistico e soggetto rappresentato, come pure l’oggetto d’interesse che “sta sotto”, la sostanzia in certo modo. Ogni cappella ha infatti una sua storia che nel tempo vede la dedicazione a santi diversi, rifacimenti decorativi, corpi tumulati, ius patronatus con stemmi dei benefattori… Tali avvicendamenti non furono per ghiribizzo unilaterale dei padri oratoriani, piuttosto frutto di più coincidenze e relazioni personali.

La seconda cappella della navata destra suscita particolarmente l’apprezzamento dei visitatori più oculati in materia di marmo, che sanno ben apprezzare la lavorazione tipica dello stile barocco palermitano. L’articolo che qui proponiamo alla lettura non ha ad oggetto di studio la cappella in sé, bensì – riguardo a quanto si diceva sopra – il suo committente. Nei fascicoli da noi finora pubblicati abbiamo trattato due eminenti benefattori (tra i primi in ordine cronologico) della nascente Congregazione di Palermo, quali furono Giuseppe Gambacurta e Camillo Pallavicino. Il nuovo articolo di Ciro D’Arpa approfondisce il loro contemporaneo Simone Zati, del quale ci rimane testimonianza materiale per la cappella che ospita oggi Santa Gemma Galgani, ma originariamente dedicata a San Giovanni Battista. A onor del vero è bene precisare che nel corso del tempo si distinsero per generosità tanti altri padri di Congregazione, dei quali non rimangono segni tangibili se si pensa al patrimonio librario, alla quadreria, alle tenute campestri, oppure sono caduti nel dimenticatoio come nel caso dell’archivio musicale.

L’articolo aggiunge nuove informazioni sul soggetto già trattato nella prima pubblicazione di Ciro D’Arpa, Architettura religiosa a Palermo: il complesso degli Oratoriani all’Olivella, Caracol 2012.Un buon esercizio di ricerca storica – documentata nell’apparato critico parallelo al testo – ricostruisce la vita di Simone Zati, interamente dedita al commercio. L’articolo descrive il funzionamento di tutta la prassi dell’epoca negli scambi commerciali, transazioni finanziarie, trasporto e assicurazione delle merci. I successi conseguiti grazie alla capacità imprenditoriale portarono Simone Zati all’ascesa sociale nella città di Palermo: Verosimilmente, il nostro giovane banchiere cominciò a frequentare subito la comunità religiosa oratoriana, dove conobbe le persone giuste con cui fare i primi affari, scrive l’autore rinviando in nota all’Archivio di Stato di Palermo. Simone Zati si dimostrò altresì uomo di fede partecipe della vita ecclesiale, per esempio al monastero delle Donne Riparate e per la fabbrica della chiesa degli oratoriani, il cui fondatore San Filippo Neri era proprio fiorentino d’origine e al tempo parroco dei fiorentini a Roma. Nella contrada dell’Olivella, a poca distanza da dove era andato ad abitare il nostro fiorentino, si stava completando la magnifica e moderna fabbrica della chiesa di Sant’Ignazio martire (1598-1624), officiata dagli oratoriani. La cappella Zati fu dedicata a San Giovanni Battista, richiamando l’attenzione dell’intera nazione fiorentina che, dal 1676, ufficialmente festeggiò il patrono di Firenze nella chiesa della comunità oratoriana di cui Simone Zati era stato un generoso benefattore.

Secondo l’antica consuetudine di assegnare ai nipoti il nome del nonno, nella stessa famiglia Zati si ritrovano più omonimi da tenere distinti. Il Simone Zati protagonista di questo articolo morì senza figli e non avendo provveduto a dare disposizioni in merito al suo ingente patrimonio che comprendeva anche il marchesato acquisito. L’erede universale fu un nipote (figlio del fratello) che morì due anni dopo di lui, facendo testamento a favore di un altro nipote (figlio di un suo fratello). Il padre oratoriano è il terzo Simone Zati, nipote del secondo, fratello di Giulio Zati e Guicciardini. L’autore si ripromette in ogni caso di trattare la vicenda familiare degli Zati (marchesi di Rifesi) in un prossimo numero della medesima rivista.

Alla memoria degli Zati rimane legato in modo imperituro il “cuarto Zati”, ovvero l’appartamento con loggiato che spicca oggi su Via Roma, più la suddetta cappella che speriamo di vedere finalmente restaurata col prossimo cantiere.

Per avere il diritto esclusivo di sepoltura, Simone Zati offrì agli oratoriani il compenso di onze centosessanta con l’impegno di farvi realizzare entro dieci anni gli adorni architettonici. […] Nell’estate del 1656 ne aveva avviato i lavori con munificenza giacché ornato di marmi pregiati, diaspri, e agate, a emulazione degli altari di San Filippo Neri e del Santissimo Crocifisso nella stessa chiesa. La prospettiva dell’imminente investitura nobiliare indusse il nostro fiorentino a cambiare però in corso d’opera il programma decorativo della cappella, ora della famiglia Zati, marchesi di Rifesi. Con la sua datazione, costituisce un prototipo del genere decorativo a commesso marmoreo denominato a Palermo “a mischio, tramischio e rabischio” persino antecedente ai più significativi esemplari del Gesù e Santa Caterina d’Alessandria.

Riferimento bibliografico: Ciro D’Arpa, “Mercanti e banchieri fiorentini a Palermo nel secolo XVII: il caso emblematico di Simone Zati”, in Mediterranea. Ricerche storiche, 20 (2023) 57, 35-54