CDXXIX anniversario di fondazione
Il 10 ottobre del 1593 si costituiva in Palermo, per opera del P. Pietro Pozzo, palermitano, la Congregazione dell’Oratorio; fondata nell’umile chiesetta di S. Pietro Martire, oggi distrutta, essa riceveva l’approvazione di Filippo Neri o dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Don Diego Aiedo, che si proclamava “amatissimo protettore” della novella Congregazione. Ben presto l’esemplarità di vita dei padri fondatori, la fama delle loro virtù religiose e civili, la sollecitudine per il bene delle anime chiamò il popolo, avido di sentire la parola dei figli di Filippo Neri, perché parola d’amore, di fede, di riconciliazione, di consiglio e di pace.
Si formò così un’affettuosa corrispondenza tra la solerte e laboriosa attività dei primi padri e l’amore o la generosità del popolo, e fu necessario pensare ad una più ampia e spaziosa sede per le apostoliche fatiche. Si decise così di scegliere un sito adatto per la costruzione di un tempio grandioso e per questo furono offerti due luoghi: uno in Piazza Vigliena (centro della città) l’altro nella contrada Olivella. Ma fu prescelto quest’ultimo per ordine di Filippo Neri il quale preannunziò che sarebbe divenuto il futuro centro della città.
Tratta dalla pubblicazione edita dai padri dell’Oratorio di Palermo in occasione del terzo centenario di morte del S.P.N. Filippo Neri (“Ricordo dell’Oratorio di Palermo”, a cura di p. Antonio Palomes – 1895), la citazione riassume la ricorrenza che si commemora il 10 ottobre di ogni anno. Venne scelto simbolicamente il giorno in cui celebriamo la festa liturgica di Maria Regina e Madre dell’Oratorio, sia per l’inizio della vita comunitaria dei padri che fondarono la Congregazione nel 1593 (con licenza dell’arcivescovo don Diego De Ajedo), sia per l’erezione canonica con bolla pontificia di Clemente VIII nel 1597. La prima fonte storica di riferimento in ordine di tempo sono le Memorie historiche della Congregatione dell’Oratorio, pubblicate sul finire del ‘600 da p. Giovanni Marciano che fissò per iscritto le notizie in modo da tenerne memoria nel tempo a seguire.
Essendosi pienamente informati del più sostanziale dell’Istituto, e perfettamente imbevuti delle sue consuetudini deliberarono di fare alla patria ritorno per dare ormai principio alla meditata fondazione, sicome in fatti seguì; poiche a 10 di ottobre del 1593 nella medesima Chiesa di San Pietro Martire si diede ad essa principio (…)
Ivi la novella pianta diè tali speranze di crescere sempre mai rigogliosa, che per maggiormente fermarla nella radice procurarono dal Pontefice la Confermatione del loro Oratorio, sicome seguì a 10 di Ottobre del 1597 con breve Apostolico del gran Pontefice Clemente VIII benignissimo protettore de’ figliuoli di San Filippo. Quantunque però havessero i Padri migliorato d’ospitio, pure perche l’esempio, e la grande edificazione, che davano non meno co i loro costumi, che colle loro parole tirava sempre più nella loro Chiesa frequentissimo il popolo, angusta perciò questa riusciva alla divora moltitudine; che però rivolsero il loro studio ad alzare da fondamenti una Basilica, che riuscisse egualmente insigne nel disegno, e magnifica nell’edificio, seguendo in ciò l’esempio del Santo Padre in Roma, e del Tarugi suo primogenito in Napoli.
(GIOVANNI MARCIANO, “Memorie historiche della Congregatione dell’Oratorio”, tomo II, Napoli 1693, pp. 390.398)
Era il 1592 quando il p. Pietro Pozzo, palermitano d’origine e membro dell’Oratorio romano, incontrava alcuni preti di Palermo (Maggio, Catena, Garsia, Caravello, Gueli di Mazzarino) che vollero riunirsi a fare vita comunitaria, per il desiderio di ritrarsi dal mondo. Si ritrovarono nella chiesa di San Pietro Martire (attigua a S. Maria in Valverde), oggi distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Animati da questo desiderio di vita religiosa contemplarono l’idea di trasferirsi in campagna, per essere maggiormente isolati dal caos della città e, così, pensare a Dio “menando vita solitaria”. Il p. Pietro Pozzo riuscì a illuminarli sulla loro vocazione di preti secolari, presentandogli la forma di vita iniziata da San Filippo Neri presso S. Maria in Vallicella a Roma.
La succitata bolla di Clemente VIII si apre al secondo capoverso riepilogando il percorso svolto dalla fondazione e menzionando già da allora il futuro titolare, Sant’Ignazio vescovo e martire:
Cum itaque, sicut accepimus alias a tribus circuite annis in Civitate Panormitana, una Praesbjterorum saecularium Congregatio, sub invocazione Santi Ignatij Episcopi et Martyris ad instar eius, quae in alma Urbe existit Sanctorum Mariae et Gregorij in Vallicella, ad Dei omnipotentis laudem et animarum salutem, in Ecclesia S. Catharinae de Olivella, ordinaria auctoritate erecta, et instituta extiterit, exindeque Praesbyteri et alii ejusdem Congregationis sic erectae inibi […] primodictam Congregatione in Congregationem Praesbyterorum et Clericorum Saecularium S. Ignatii Episcopi et Martjris nuncupandam eisdem auctoritate et tenore perpetuo erigimus et instituimus. […]
Convinti ad abbracciare lo stile di San Filippo, per apprendere le norme del novello Istituto, i padri Giuseppe Gueli e Luigi Garsia si trasferirono per sei mesi nella casa dei “girolamini” a Napoli. San Filippo era ancora vivo ed espresse il suo compiacimento e benedizione per la nascente terza casa di Palermo, dopo Napoli (1585) e Roma (1575). Iniziava così la storia della Congregazione che, nel tempo a seguire, avrebbe assunto le dimensioni oggi note.
Lo studio pubblicato dall’architetto Ciro D’Arpa ha ricostruito storicamente le fasi di sviluppo della costruzione. Il 17 marzo del 1594 la Congregazione stipula un accordo con Confraternita di Santa Caterina per l’acquisizione dell’area detta dell’Olivella (da “Olim villa”, in latino “un tempo una casa”). La tradizione da sempre tramandava che la zona appartenesse alla famiglia Sinibaldi, che diede i natali a S. Rosalia. Della casa natale in oratorio si conserva il “pozzo”, ovvero una botola in cui si scorge l’acqua di uno dei tre fiumi sotterranei di Palermo (Kemonia, Papireto, Grifone); una statua di resina posta all’esterno vuole essere di pubblico richiamo.

Negli anni a seguire, crescendo di numero, i padri avviarono a proprie spese l’edificazione dell’attuale complesso comprendente la casa (oggi museo archeologico regionale), la chiesa, l’oratorio e lo spazio del palazzo delle Poste ove sorgeva il giardino. La struttura è quindi il risultato di lavori che andarono avanti nel tempo con continuità: a partire dalla chiesa (posa della prima pietra il 7 novembre 1598), nel maggio 1599 si gettano le fondamenta del braccio sinistro (lato casa), in estate si acquistano i due edifici adiacenti e il senato palermitano concede la strada interposta tra i due blocchi. Di seguito si darà spazio alla sacrestia, al braccio destro (lato oratorio), l’ampliamento del retro della casa su via Roma e su via Bara. Si condussero parallelamente lavori di abbellimento e arredamento interno, che portarono il complesso alla sua configurazione attuale nella seconda metà del ‘700. La casa coi suoi due chiostri e un cortile era dotata di ampio refettorio (oggi sala delle metope), salotti, quadreria, pregevole cappella tuttora conservata in buono stato, ricco patrimonio librario oggi sito presso la biblioteca regionale al Cassaro alto. La casa ospitava pure una farmacia e la sede del monte di pietà Pallavicino. Al complesso di Palermo si aggiungevano le proprietà dei padri in campagna.
Nel momento apicale si arrivarono a contare quasi un centinaio di sodali, poi disgregati dalle soppressioni delle corporazioni religiose sotto i Savoia (1866). Durante il periodo delle soppressioni i padri di Palermo continuarono ad ufficiare la propria chiesa e tenere viva l’attività in oratorio. Con l’estinzione di tutta la vetera-Congregazione (1916), la comunità dei padri filippini si ricostituì solo nel 1931, grazie all’iniziativa del p. Giuseppe Timpanaro di Acireale.